Ricchissimo, afflitto da madre possessiva, incline a mettere in scena finti suicidi, il giovane Harold fa amicizia con Maude, una contessa ottantenne che gli insegna il gusto della vita e della libertà...
Tratto dal romanzo omonimo di Colin Higgins Anno: 1971 Durata: 93’ Regia: Hal Ashby Fotografia: John A. Alonzo Musiche: Cat Stevens Montaggio: William A. Sawyer, Edward Warschildka Scenografia: Michael Haller Costumi: William Theiss Interpreti: Bud Cort (Harold), Ruth Gordon (Maude), George Wood (lo psichiatra), Harvey Brumfield (poliziotto), Eric Christmas (il reverendo), Cyril Cusack (Glaucus), Judy Engles (Candy Gulf), Ellen Geer (Sunshine Dore)
Tratto dal romanzo omonimo di Colin Higgins Anno: 1971 Durata: 93’ Regia: Hal Ashby Fotografia: John A. Alonzo Musiche: Cat Stevens Montaggio: William A. Sawyer, Edward Warschildka Scenografia: Michael Haller Costumi: William Theiss Interpreti: Bud Cort (Harold), Ruth Gordon (Maude), George Wood (lo psichiatra), Harvey Brumfield (poliziotto), Eric Christmas (il reverendo), Cyril Cusack (Glaucus), Judy Engles (Candy Gulf), Ellen Geer (Sunshine Dore)
Lo spunto alla base di Harold e Maude è il ribaltamento ironico delle situazioni divulgate attraverso l'accattivante Lolita. Qui, invece di un maturo signore innamorato di una ragazzina, abbiamo un ragazzo innamorato di una vecchia. Il rapporto è però diverso, più costruttivo. Maude ha un carattere positivo e fornisce a Harold lo stimolo per la sua crescita morale, trasmettendogli l'impulso di un vitalismo e di un buon senso che il ragazzo, crisalide in attesa di aprirsi, non possiede.
Ashby situa la vicenda in una grande città e si serve di un impianto narrativo brillante per tratteggiare sarcasticamente la solitudine e l'isolamento della vita nella società moderna. Maude è poco più che una barbona, vive di espedienti: così la società tratta le persone come lei (l'impianto favolistico non impedisce al regista di sottolineare l'ingiustizia di fondo). Si procede per contrasti, mettendo a confronto l'esistenza di Maude e quella di Harold (e della sua famiglia).
Maude è ottimista, gentile ed altruista. Per questo si è ridotta in povertà o, almeno, non ha saputo evitarla. La madre di Harold al contrario, è priva di sensibilità e di umorismo, ha un cuore arido, ma è ricca e benestante. Lo stesso Harold, una specie di zombie clownesco che non sa dove andare, è in balia della madre e dello psichiatra. Coltiva solo una sotterranea e quasi incomprensibile ribellione che lo induce a inscenare di continuo finti suicidi. È il contrasto classico tra l'avere e l'essere. Harold preferisce essere qualcuno piuttosto che avere qualcosa. L'incontro con Maude gli consente di fuggire dal bianco e nero d'una vita lugubre e ossessiva e di porre in primo piano la fantasia. È una tematica allineata con le esigenze diffuse negli anni a cavallo tra i '60 e i '70. Ma è anche una tematica che potenzialmente inclina verso l'edulcorato ottimismo di certi film disneyani. Ad efficace correttivo Ashby introduce una vena di umorismo nero. L'ossessione cimiteriale coltivata da Harold e da Maude serve da contraltare ironico per le elegiache pagine sulla riscoperta della vita da parte del ragazzo. Anche i numerosi tentativi di suicidio agiscono in questo senso. Harold finge di impiccarsi, di annegarsi, di tagliarsi i polsi e inscena persino un vero e proprio hara-kiri. Ashby cerca di trarre da questi sublimi sforzi inutili il massimo divertimento, senza diluirne però gli umori acri e sarcastici.

È un bizzarro e originale mescolarsi di elementi umoristici, macabri, ottimistici e malinconici. Ne deriva quel sapore unico che non annulla i difetti della storia ma li giustifica e, magari, paradossalmente, li esalta. Mentre le scene di Harold con sua madre sono recitate quasi interamente per far ridere, troviamo scene tra lui e Maude che prendono alla sprovvista per la loro serietà e riescono anche a toccare le corde della commozione. È durante queste tenere, intime scene che Maude piange pensando al marito morto ormai da lungo tempo; che noi scopriamo un numero di campo di concentramento sul polso della donna e immaginiamo cos'è successo a suo marito e anche comprendiamo per la prima volta la natura eroica di Maude.
Che Maude sia così esageratamente ottimista per la maggior parte del tempo rende queste parentesi tristi particolarmente efficaci, perché sappiamo che il passato di Maude dev'essere stato così orribilmente penoso per aver potuto influire su una donna di spirito così indomito. Ashby tratta queste scene in modo splendido, senza intromettersi nella privacy di Maude e senza sfruttare il suo dolore.
Che Maude sia così esageratamente ottimista per la maggior parte del tempo rende queste parentesi tristi particolarmente efficaci, perché sappiamo che il passato di Maude dev'essere stato così orribilmente penoso per aver potuto influire su una donna di spirito così indomito. Ashby tratta queste scene in modo splendido, senza intromettersi nella privacy di Maude e senza sfruttare il suo dolore.
Per la musica Ashby si rivolge a Cat Stevens, allora all'apice di una carriera che lo porterà ad essere uno dei cantautori più popolari della scena pop-rock (prima della subitanea conversione all'islamismo e del conseguente ritiro dalle scene). Stevens scrive una canzone e dovrebbe curare l'intera colonna sonora, ma gliene manca il tempo. Asbhy gli chiede allora il permesso di utilizzare brani già editi, e, ottenuto l'assenso del musicista, li sceglie personalmente. Il risultato è molto gradevole e soprattutto molto adatto alla storia. In quell'unica canzone composta per l'occasione (If You Want to Sing) Stevens ha racchiuso in poche frasi la filosofia ottimistica del film («If you want io sing out, sing out.../ if you want io be free, be free.../ if you want io be you, be you...»). La canzone piacerà ai giovani e favorirà il successo del film nell'ambito studentesco.
critica: Rudy Salvagnini, (Hal Ashby, Il Castoro Cinema)
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