La strada che porta all'astrazione passa per un albero. Isolato, spoglio, invasivo con i suoi rami che trafiggono come aculei il paesaggio silente e le radici che serpeggiano nella terra. Un albero che si trasforma in un arabesco bidimensionale, una trama calligrafica di linee verticali e orizzontali che fondono cielo e terra, la parte superiore e quella inferiore del paesaggio. E se il nero non fa altro che rimarcare le linee di forza di questa scacchiera ideale, i colori acidi e brillanti, crepuscolari e algidi, riempiono quei tasselli regolari disposti secondo direzioni ritmicamente evidenziate. Un albero che appare completamente smaterializzato, trasfigurato in rapporti spaziali che diventano l'essenza dell'intero quadro. Addio suggestione realistiche, addio impressione luministica, la natura si eleva dalla sua materialità e diventa una magnifica ossessione fatta di forma, segno e colore, pura geometria.
Padre del neoplasticismo, il movimento d'avanguardia olandese affermatosi nel secondo decennio del Novecento, la cui "voce ufficiale" era la rivista De Stijl", cui diede il suo contributo anche Van Doesburg, che puntava a codificare una nuova e rivoluzionaria forma di espressione plastica non più soggettiva ma valida per tutti, che non faceva appello solo a pittura e scultura ma anche all'architettura, e che si traduceva, come scrisse Mondrian, "nella astrazione di tutte le forme e di tutti i colori, cioè nelle linee rette e nei colori primari nettamente definiti".
Il periodo meno noto dell'artista, il primo Mondrian, quello figurativo che occupa quasi un quindicennio, quello che rivela in Mondrian una notevole padronanza dei mezzi pittorici dotato di una tavolozza da paesista raffinata e audace, quel momento che precede il passaggio, attraverso il famoso tema seriale dell'albero, dalla descrizione della natura all'astrazione sempre più geometrizzante.
In mostra si ritrovano tutti quei mulini, quei canali, i boschi, i fari, le dune, i campanili, le facciate delle chiese, elementi caratteristici del paesaggio olandese dove l'effetto dell'en plein air diventa l'occasione per una sintesi compositiva che rivela l'interesse di Mondrian per l'esperienza artistica di Munch, semplificazioni che trovano poi un interlocutore propizio nel cubismo di Picasso e Braque, visti già ad Amsterdam e poi conosciuti meglio durante il soggiorno a Parigi (1911-14). Quelle tele legate alla tradizione del realismo olandese trasmessogli dalla scuola dell'Aia, legata alla tendenza "nordica" meno interessata ai particolari ma alle campiture geometriche che scandiscono idealmente gli scenari della natura.
In mostra si ritrovano tutti quei mulini, quei canali, i boschi, i fari, le dune, i campanili, le facciate delle chiese, elementi caratteristici del paesaggio olandese dove l'effetto dell'en plein air diventa l'occasione per una sintesi compositiva che rivela l'interesse di Mondrian per l'esperienza artistica di Munch, semplificazioni che trovano poi un interlocutore propizio nel cubismo di Picasso e Braque, visti già ad Amsterdam e poi conosciuti meglio durante il soggiorno a Parigi (1911-14). Quelle tele legate alla tradizione del realismo olandese trasmessogli dalla scuola dell'Aia, legata alla tendenza "nordica" meno interessata ai particolari ma alle campiture geometriche che scandiscono idealmente gli scenari della natura.
Ma non c'è solo questo nei paesaggi di Mondrian, c'è la tecnica pointilliste, adottata sulla lezione di Johan Thorn Prikker e soprattutto di Jan Toorop, e alimentata dai soggiorni frequenti a Domburg, una tecnica che si traduce in brevi pennellate carnose e decise che ricompongono il paesaggio in una solida struttura spaziale, attraversata da una luminosità irradiante. Un paesaggio che gradualmente viene filtrato dalla sperimentazione "fauve", dove le tonalità cromatiche diventano più accese e infuocate, lavorando sull'effetto di pochi colori fondamentali, disposti in tasselli regolari, dove il pointillisme si trasforma in un effetto a mosaico. Una natura, quella del primo Mondrian, che sfocia nel simbolismo, ispiratogli dalla suggestione della dottrina teosofica che professava l'esistenza di un'unità tra le religioni, e che aveva come finalità l'armonia tra interiorità e mondo esterno.
Se il mondo è concepito come un tutto unitario, retto da leggi e principi matematici, in cui i poli opposti tendono alla ricomposizione e all'armonia cosmica, l'albero spoglio di Mondrian deve essere investito di un ulteriore significato, è il punto di ricongiunzione tra la terra, dove affonda le radici, e il cielo, verso cui si protendono i rami. Nulla è più riconoscibile, l'artista si spinge fino all'eliminazione del dato visibile, dove la "composizione" - che diverrà il titolo di quasi tutta questa produzione - si basa su segni rettilinei in direzione verticale, orizzontale o diagonale, che procedono secondo un principio di asimmetria, il tutto racchiuso in formati di tele ovali, romboidali, a losanga.
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