Ma il fumetto e' arte?


Gulp! Una bella soddisfazione, dopo il continuo saliscendi di pregiudizi domestici anni Cinquanta (barbarie letteraria, banalizzazione visiva e narrativa: roba per bimbi scemi, o comunque pigri) e di inattese arrampicate in cattedra (lo storico dibattito su Schulz e Charlie Brown tra Umberto Eco, Oreste del Buono e Elio Vittorini, coordinato da Giovanni Gandini, sul primissimo Linus, aprile 1965, o, sempre nel '65, in Apocalittici e integrati la famosa "fumettografia" di Eco della prima tavola dedicata da Milton Caniff, l'11 gennaio 1947, al neopersonaggio di Steve Canyon).
È vero che Pablo Picasso, lettore fedelissimo e entusiasta di Krazy Kat che si faceva spedire dall'America, coltivò nel suo onnivoro attivismo immancabili vocazioni-strip, impaginando a fumetti il suo Guernica.

Ma è anche vero che sul groppone dei pargoli, ancora qualche decennio fa, l'onesto genitore segnalava, guardingo e tempestivo, gli errori di grammaticae di sintassi in agguato, in Topolini e Corrierini.


Insomma, nato in aperta rottura con la solennità della pittura, attorno al 1840, a opera di Töpffer, pittore mancato, il fumetto era fino all'altro ieri guardato come l'equivalente dei giocolieri reietti sui sagrati di chiesa del buio Medioevo, senza diritto di sepoltura in terra sacra: clown a matita, sempre ai margini dell'arte ma senza diritto di entrarvi, periferico estro mendicante all'ombra dei Vaticani della pittura, chiese d'arte consacrate, quali, a Parigi, il Louvre, il Grand Palais, il Centre Pompidou.
Da una parte i Lichtenstein, i Basquiat, i Keith Haring, ingabbiati da rotondità disneyane e trame grafiche, dall'altra i folletti e i supereroi d'un universo in gabbia, nella pagina, ma liberi e fuggiaschi nella loro identità immaginaria.
Una volta vilipeso o frainteso, il fumetto diventa museo, sonnolenta piramide egizia, prima ancora di aver reclamato e ottenuto il suo statuto di star, di nona arte, in mezzo alle sue più strette, invidiose parenti, da tempo arrivate al traguardo? Tutt' altro. A tenerlo in vita, a renderlo contemporaneo, contribuiscono proprio gli artisti che, soprattutto a partire dalla Pop-Art, succhiano, vampiri, ispirazionee icone dalle tavolea strisce.

Non solo Andy Warhol (che ha proclamato Walt Disney «il più grande pittore del Ventesimo secolo») con le sue serigrafie di Topolino, gemello seriale di Mao, Liz, Marilyn. Ma anche David Mach, con il suo Mickey Matchead del ' 94. O, addirittura, con i prelievi ironicamente chirurgici e minuziosamente paleontologici dell'artista sudcoreano Hyungkoo Lee sugli eroi di cartoon, dove Hyungkoo Lee ha ricostruito gli scheletri di Bugs Bunny e della coppia Coyote/Bip Bip di Chuck Jones. L'artista sudcoreano rovescia specularmente i procedimenti delle scienze naturali: non parte da particelle d'ossa, da residui di scheletro per risalire all' immagine di animali sconosciuti, ma si applica all' immagine stranota delle icone di carta per attribuirvi uno scheletro. Paleontologia e Paperosofia si alleano per restituire, simmetricamente, ai propri oggetti di studio la parte mancante. Il fumetto crea l'ignoto (Steve Canyon, Superman, Topolino, Qui Quo Qua). Il fumetto apre gli orizzonti. L'arte li conferma, li codifica. Che sia il fumetto l'arte del futuro?

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