YES (1995) Morphine

"E' una serata bellissima, è bello stare qui e voglio dedicarvi una canzone super-sexy". Pronuncia queste parole prima di morire Mark Sandman, il 3 luglio 1999, al pubblico della rassegna "Nel nome del rock". A 47 anni, il leader dei Morphine si spegnerà così, con il basso in mano, sotto gli occhi atterriti di migliaia di persone accorse a Palestrina (Roma) per vedere una delle band di culto degli anni Novanta.


Nel 1995 i Morphine avevano pubblicato il loro terzo album, Yes, un deciso cambio di direzione per la band di Mark Sandman: sacrificando la componente più noir e depressa del loro sound ne esasperano la fisicità dirompente virando verso brani incalzanti e ritmati che si riallacciano idealmente al rhythm'n'blues e al rock'n'roll degli anni '50, nonostante ogni genere di riferimento sia stravolto e amalgamato nella peculiare visione musicale del gruppo. Le performance sono tese, irruenti, pullulanti di un'aggressività che prima era trattenuta, celata sotto una densa coltre di soporifero esistenzialismo. Emblematiche in questo senso sono la frenetica "Honey White" che, posta in apertura del disco, scorre veloce e compatta fra i virtuosismi be bop del sax e la batteria percossa a pieno regime, o il funk morboso di "Super Sex", in cui il canto/recitato di Sandman è vizioso e degradato come non mai. E' proprio il leader a sfoderare uno stile canoro mai così maligno e disperatamente sensuale, adatto a sottolineare le tinte fosche di quel capolavoro che è "Whisper" (basso plastico e corposo, batteria sincopata, pianoforte in sottofondo, sax che delizia con assoli da brivido) o della moribonda "I Had My Chance" (vibrante del blues più oscuro e primitivo).
Il talento compositivo di Sandman è forse al suo apice: la solare "All Your Way" abbaglia per le sue melodie semplici, ma nello stesso tempo ricercate, mentre le complessità armoniche di "Yes" hanno pochi eguali anche nel jazz più raffinato.
Yes, però, è anche e soprattutto il disco in cui la rabbia e la paranoia del gruppo si fanno più tangibili, dando alla luce alcuni fra i più sorprendenti esperimenti di tutto il loro repertorio: "The Jury" è un recitato onirico su un tappeto sonoro offuscato e conturbante da cui a tratti affiorano languidi fraseggi atonali di sax e slabbrature di basso (e dove Sandman ha modo di dimostrare le sue eccezionali doti di narratore), in "Free Love" (nevrosi funerea con tanto di basso distorto, sax glaciale e voce filtrata) sembra d'ascoltare Ornette Coleman alle prese con un brano dei Black Sabbath, mentre il capolavoro "Sharks" alterna recitativi nel silenzio generale a vere e proprie deflagrazioni sonore all'insegna di un hard-rock swingante che rievoca tanto i Ten Years After quanto Archie Shepp. Persino gli episodi maggiormente legati al tipico suono Morphine (il blues ossessivo di "Radar" e la soffusa "Scratch") vibrano di una tensione sinistra di cui non v'è traccia fra le atmosfere catatoniche dei dischi precedenti.
Nel complesso, Yes è un disco sorprendentemente vivo e pulsante, che conferma i Morphine come uno degli ensemble più creativi e dotati dei nostri giorni.

Nessun commento: