BLOW UP (1966) Michelangelo Antonioni


anno: 1966 durata 112 min. produzione: Metro-Goldwyn-Mayer prodotto da Carlo Ponti regia: Michelangelo Antonioni soggetto: Julio Cortazar dialoghi: Edward Bond sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra fotografia: Carlo Di Palma montaggio: Frank Clarke musiche: Herbie Hancock, The Yardbirds (per la canzone "Stroll On") interpreti: David Hemmings (Thomas), Vanessa Redgrave (Jane), Sarah Miles (Patricia), Peter Bowles (Ron), Veruschka (Modella), Jane Birkin (Teenager), Jeff Beck, Jimmy Page, Keith Relf (The Yardbirds)

Ispirato ad un racconto dello scrittore argentino Julio Cortazar, il film di Michelangelo Antonioni ritrae il mondo patinato della società consumistica della Londra degli anni sessanta. In questo mondo, dove le persone scontano la solitudine e l’indifferenza dovute alla mancanza di comunicazione, quest’ultima diventa una forma espressiva puramente convenzionale che riduce le cose ad un “segno” privo di una qualsiasi consistenza ontologica.
Da un fotogramma all’altro, l’opera di Antonioni è suscettibile in ogni istante di evolvere nelle più diverse direzioni, assumendo ora le caratteristiche del racconto giallo, ora quelle della proiezione paranoica o della fantasia psichedelica, senza che l’uso della tecnologia (la macchina fotografica) risulti in questo senso decisivo nel stabilire un nesso di verità.

TRAMA

Di ritorno dal dormitorio pubblico dove ha trascorso la notte in cerca di nuovi soggetti per il suo libro, Thomas, impegnato fotoreporter di moda, si reca nel proprio laboratorio per completare un servizio giornalistico. Dopo avere freneticamente scattato le ultime inquadrature, raggiunge un negozio di antiquariato che vorrebbe acquistare per realizzare un investimento. Quindi si avvia con l’inseparabile macchina fotografica verso un vicino parco pubblico, dove sorprende una coppia clandestina di amanti: un uomo anziano ed una donna parecchio più giovane.   Scattate alcune fotografie, Thomas è però costretto ad allontanarsi, in quanto la donna si accorge della sua presenza e lo insegue. Riuscendo infine a raggiungerlo, questa pretende di avere il rullino con le fotografie, ma Thomas trovato il modo di raggirare le sue richieste si avvia verso la propria automobile e se ne và. Quando Thomas sviluppa le fotografie del parco si accorge che lo sgranare dell’immagine offre ad un’attenta osservazione la sagoma di una misteriosa presenza, che si aggira con una pistola nel folto degli alberi.


BLOW UP / LA CONVERSAZIONE / BLOW OUT
L’ideale inserimento del film in una ipotetica trilogia di Antonioni, Coppola e De Palma si presenta in una progressione diacronica per molti versi circolare, costituendo un esempio particolarmente interessante sul piano intertestuale. I tre film sono apertamente leggibili come tentativi di esegesi della creazione e della lettura dell’opera cinematografica, e significativamente fanno riferimento alla spina dorsale del cinema, ossia ciò che esegue la sutura significante fra quanto è presentato dal narratore in un certo modo e quanto è percepito dallo spettatore come conseguenza: il montaggio. Dal primo film all’ultimo, la logica narrativa attraversa diversi gradi di chiusura/apertura, a riflettere le rispettive riflessioni metatestuali che uniscono le pellicole in una sorta di unicum di rapporti filiali.

Il fil rouge che le unisce è da rintracciare chiaramente nella riflessione sull’affidabilità della riproduzione audio-visiva quale mezzo per pervenire ad una intelligibilità del reale, o più semplicemente della narrazione interna al film stesso—quindi, da un lato, sulla capacità (e volontà) del narratore di pervenire ad una risoluzione e, dall’altro, su quanto lo spettatore possa fidarsi di quanto vede e sente. Su questo filo, si va progredendo da una negazione fantastica e quasi metafisica di tale affidabilità (Antonioni), passando poi a suggerirla e smentirla contemporaneamente in un senso di irrealtà che predomina ancora (Coppola), e giungendo infine alla sua solo apparente asserzione (De Palma). In stretta concordanza con il diverso grado di apertura/chiusura della trama—lo spettatore viene condotto da diversi meccanismi di lettura delle informazioni fornite, che chiamano in causa la sua posizione come fruitore dell’opera—rispetto alla quale si prese
nta il problema del personaggio il cui sguardo viene in varia misura condiviso, “costruendo” l’intreccio per tramite della sua comprensione di quanto è accaduto—e quella del suo creatore. In ognuno di questi film, in ogni caso, il protagonista e lo spettatore sono ingannati; il narratore (il cinema) è sempre spietato vincitore.

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