Fernand Khnopff, il simbolista perfetto

Fernand Khnopff (1858-1921) belga come Ensor e Magritte, Rops e Delvaux. Ma affascinato molto più dall'arte inglese dei pittori preraffaelliti e più vicino alla Vienna di Klimt e di Schiele che alla Parigi di Manet e di Degas o alla Francia di Cézanne e Seurat. Neppure l'Italia lo affascina.

Soggetti che in Khnopff, ricorrono spesso: la solitudine, l'isolamento, Bruges città morta, l'ambiguità dei sessi, una cerebrale provocazione erotica, la perduta innocenza; tutto un universo torbido, inquieto, instabile, imperfetto, insoddisfatto. Grande paesaggista, grande ritrattista, grande pastellista e grande fotografo, Khnopff mescolò senza soluzione di continuità tutti questi elementi disparati allo scopo di creare un' opera che non si può confondere con quella di nessun altro dei suoi contemporanei.
Nato a Bruxelles, giovanissimo, Khnopff soggiornò a Bruges. In apparenza la sua vita non presenta alcun fatto saliente: i soggiorni a Parigi, la società artistica I venti, la fascinazione, talvolta qualificata come incestuosa, provata nei confronti di sua sorella Margherita, l'esposizione delle sue opere alla Secessione di Monaco e a quella di Vienna, la sua partecipazione alla realizzazione delle scenografie per il Teatro della Monnaie a Bruxelles, il fallimento del suo matrimonio, nel 1908, con Marthe Worms. Alla sua morte tutte le sue collezioni vanno disperse e il suo atelier, alla cui costruzione e al cui arredamento aveva dedicato così tanti anni, distrutto.

Sicuramente l'arte di Khnopff non ha nulla di sorridente, nulla di grazioso o di caloroso. Ciononostante l'artista è capace di inventare immagini che rimangono impresse nella memoria. E' forse simbolista l'arte di Khnopff? Sicuramente, ma in realtà è anche molto di più. Il movimento artistico del Simbolismo, nato in Francia nella seconda metà del XIX secolo, intuisce che sotto la realtà percepibile con i sensi, si nasconda una realtà più profonda e misteriosa a cui solo l’artista può accedere. Khnopff è stato definito “il simbolista perfetto”, creatore di un’arte che nasce e si sviluppa in un contesto altamente intellettuale. Quella di Khnopff è un’arte “fra due mondi”, sempre giocata visualmente e tematicamente su una serie di riflessi e opposizioni, paesaggi e figure umane, unicità “reale” del soggetto e attenta riproduzione dello stesso, senza tralasciare la costante e affascinante dialettica, tipicamente simbolistica, della donna come creatura angelica e femme fatale.
La sorella Marguerite è uno dei soggetti preferiti dell'artista, e la si ritrova anche nel “Segreto-riflesso” (1902), che rappresenta sicuramente una delle opere più misteriose e complesse a livello sia simbolico sia iconografico. È un quadro dal doppio volto, si potrebbe dire. Due dipinti di forma diversa l’uno sovrastante l’altro. Il “riflesso”, nella parte inferiore, è di forma rettangolare e legato alla dimensione terrena. Il “segreto”, invece, perfettamente circolare, alla dimensione celeste, secondo la concezione platonica del cerchio come figura che allude alla perfezione, all’armonia, all’ultraterreno. Il dipinto rettangolare è il riflesso della facciata dell’ospedale di San Giovanni nelle acque di uno dei canali che attraversano Bruges. Uno specchio orizzontale, dunque, che ci mostra il mondo esterno da un’altra prospettiva, e che forse proprio nel riflesso, nel “doppio” ci svela il segreto del reale. Nel cerchio dipinto c’è lei, Marguerite, rappresentata come una sacerdotessa e intenta a guardare e a guardarsi in una maschera che ha il suo stesso volto. A regnare qui è il verticalismo di uno specchio assente: un altro riflesso, dunque, ma senza alcuna superficie di transizione fra un livello e l’altro. Un’immagine speculare, comprovata e forse in parte spiegata nell’elemento apparentemente secondario del guanto bianco indossato dalla donna, un guanto che non é in grado di coprire la mano sinistra che lo fronteggia a meno che non venga girato, (in modo che l’esterno diventi l’interno e viceversa). Un passaggio dall’esterno all’interno che quindi corrisponde al passaggio attraverso lo specchio (mancante), quasi come se Marguerite fosse passata dall’altro lato, quasi come se fosse riuscita ad andare oltre la sua stessa “maschera”, per trovare infine la sua stessa natura. Una natura che, forse, vuole mantenere segreta. Il dito davanti alle labbra del suo stesso riflesso impone un silenzio che non svela.

Ma il mistero della pittorica di Khnopff non finisce qui. Ci sono altri due suoi quadri in cui si ritrovano elementi forse connessi con il “Segreto-riflesso”. E, guarda caso, si tratta in entrambi i casi di ritratti della sorella Marguerite. Il primo è il “Ritratto di Marguerite Khnopff” del 1887, in cui la donna viene raffigurata con il corpo di prospetto e la testa lievemente girata verso la sua sinistra, con uno sguardo lontano dal mondo e un lungo abito bianco stretto in vita. Tutto sembra rimandare ad un quadro semplicistico, quasi riduttivo rispetto alla complessità simbolica dell’altro. Eppure un dettaglio, silenzioso, colpisce. Apparentemente privo di alcuna importanza, si nota il guanto in primo piano che “veste” proprio il braccio destro della donna come nel “Segreto-riflesso”. Che ci sia un qualche legame? Chi può dirlo.   Il silenzio che Marguerite impone e si auto-impone ritorna, poi, anche in un terzo dipinto che incuriosisce di questo pittore tutto da ri-scoprire. È “Il silenzio” (1890) che trae spunto da una fotografia della stessa Marguerite, scattata volontariamente dal basso verso l’alto per accentuare la figura quasi monumentale e “inaccessibile” della donna. Non ci si stupisce che Marguerite indossi un paio di guanti e porti un dito davanti alle labbra, intimando al silenzio.


Saranno solo coincidenze? Chi lo sa. Ciò che è certo è che Marguerite nasconda un segreto, che voglia custodirlo ad ogni costo, mettendo a tacere anche la maschera che potrebbe tradirla, anche l’altra sé. Giacché, si sa, nessuno ci tradisce più di noi stessi.
Quel dito sulle labbra fornisce un messaggio chiaro. Il silenzio è ciò che Marguerite vuole, ciò che impone anche a se stessa. Chissà che un giorno non cambi idea e ci sveli il suo segreto. O quello del fratello Fernand Khnopff.

di Carlotta Nobile

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