Herman Hesse: IL LUPO DELLA STEPPA

"Io non posso e non voglio prescrivere ai lettori come abbiano da intendere il mio racconto. Ne faccia ognuno ciò che risponde e serve al suo spirito!" (Hermann Hesse).
Nel 1927 lo scrittore tedesco Hermann Hesse (1877-1962) pubblicava Il lupo della steppa, romanzo complesso ed estremamente acuto, destinato a essere ricordato come uno dei suoi lavori più intelligenti. Non è certo facile il compito che attende chi si accinge a leggere Hesse, incuriosito dalla fama dello scrittore e delle sue opere. Perché Hesse è in primo luogo un filosofo, un teologo e un profondo conoscitore dell’animo umano nelle sue più intime sfumature.

Attraverso un abile gioco ad incastro di libri nei libri e di molteplici punti di vista, lo scrittore ci dischiude la vita e la personalità di Harry Haller (guardacaso le stesse iniziali di Hermann Hesse), lupo della steppa, solitario poeta di mezza età. In lui convivono l’uomo e il lupo: due anime, due esseri autonomi che ne dilaniano lo spirito e il corpo trascinandolo giorno dopo giorno in una disperata esistenza ai margini della società.
Misogino ma acceso pacifista, Harry si proclama un anarchico, un Don Chisciotte senza patria, ma nel profondo sa di appartenere a quel mondo borghese pulito e ordinato che denigra ma contempla di nascosto. Come un lupo, Harry si trascina nomadico in attesa del giorno stabilito per il suicidio e la fine gloriosa di tutto. Le uniche gioie egli le strappa a Mozart, Haydyn, Händel, Goethe, Novalis, Pascal e tutti i grandi immortali del passato.

"Il Lupo della Steppa" può essere diviso, senza snaturarne il senso o la trama in due parti indipendenti una dall'altra. La prima parte è una fredda e schietta critica alla borghesia del suo tempo ed una descrizione del suo particolare rapporto d’odio e amore con essa. Hesse è ben conscio dei danni che questa classe sociale provoca all'interno della società ed è inoltre consapevole di quanto i valori morali della borghesia contribuiscano in realtà ad allontanare tutte le persone dalla vera strada dei valori. D'altra parte emerge esplicitamente l'attaccamento di Hesse a questa borghesia, provenendo egli stesso da codesta classe. Svariati sono i suoi tentativi di distacco dalla borghesia che però provocano in lui sofferenza e che spesso lo riportano ad evocare ricordi del passato attraverso i sensi e alla ricerca degli standard borghesi. Inoltre questa prima parte presenta un'ottima descrizione della sua personalità "lupina". Ossia Hesse parla esplicitamente del suo alter ego sofferente. Sembra quasi che Hesse sia convinto di una semplice duplicità presente in lui ma in realtà, come poi espliciterà nel corso del romanzo, è ben conscio dei molteplici lati della sua personalità ed in generale di ogni essere umano. Non uno o due siamo noi bensì dieci, cento anzi un milione di molteplicità.

La seconda parte, mostra il livello di coscienza superiore di Hesse: un viaggio psichedelico nel teatro magico del nostro più profondo Io. Questa parte, intrisa di allegorie, richiami alle filosofie orientali e anche alle droghe naturali allucinogene come ampliamento delle facoltà mentali, di sicuro richiede una lettura più approfondita e effettuata da diversi punti di vista. Vedi per esempio quando Hesse chiama, con completa indifferenza e nonchalance, uno dei suoi personaggi Tat Tvam Asi. Il Tat Tvam Asi è una delle quattro grandi massime (mahavâkya) coniate dai Veda; il Tat Tvam Asi è la terza di queste sentenze filosofiche: "Io sono Quello".

La tristezza che emerge per il "Non" senso della vita e dal suo difficile “rapporto con il rasoio” è assolutamente penetrante. Hesse fa immergere il lettore, anzi letteralmente sprofondare in questo non senso della vita e il suo anelito verso la morte sembra davvero l’unica cosa sensata a questa folle condanna che è la Vita. Ricordando infine, come fa Hesse stesso nella nota dell’autore a fine libro, che “Il Lupo della Steppa” non è un libro scritto dalle mani di un disperato bensì da quelle di un credente, permette di comprendere meglio questo suo anelito infinito verso la Morte: quello di Hesse non è un libro di un pazzo suicida bensì il libro di una persona che sente un richiamo troppo forte da parte del Divino. La storia del lupo della steppa rappresenta, sì, una malattia e una crisi, ma non verso la morte, non un tramonto bensì il contrario: una guarigione.

Trama (spoiler)
Harry Haller, il protagonista del racconto, è un uomo di un carattere poco socievole, selvatico, ombroso e irrequieto che, prima di sparire all'improvviso dalla camera che aveva affittato, lascia un manoscritto al quale aveva lavorato nei mesi precedenti. In queste "memorie" Haller si descrive come una persona con due nature, una umana e una lupina, una divina e una diabolica, una che vive nel mondo dei nobili pensieri, dell'arte e della musica classica e l'altra che odia e disprezza la vanità e la superficialità del mondo borghese. Queste due nature si combattono in lui e rendono la sua vita una sofferenza continua, causano il suo isolamento sociale, lo rendono incapace a godersi la vita e lo rendono un soggetto pericolosamente inclinato al suicidio. Nel momento in cui era quasi giunto a questo ultimo passo drammatico conosce, in una trattoria dei sobborghi, una donna, Erminia, che, con seducente femminilità lo conduce, poco a poco, a convertirsi ai piaceri della vita moderna e a recuperare quello che ha trascurato e perduto negli anni precedenti. Il finale del racconto si svolge in un "teatro magico (solo per pazzi)" dove, nel momento in cui crede di aver finalmente recuperato la capacità di amare uccide la persona amata con una pugnalata al cuore eseguendo così l'ultimo desiderio della sua amata Erminia. Per questo delitto viene condannato, nel "Teatro magico", alla pena della vita eterna, Mozart gli si siede accanto, gli da dello stupido e lo esorta a comprendere l'umorismo della vita, a finirla di fare il sentimentale, il suicida o l'omicida e di prendersi troppo sul serio, ad imparare a ridere!

La parte del libro più interessante è il capitolo "Dissertazione sul lupo della steppa", una sorta di libro nel libro, in cui il povero Harry Haller viene letteralmente fatto a pezzi, in cui vengono smontate, con una fredda e spietata analisi psicologica, tutte le sue illusioni e le sue convinzioni da "eroe antiborghese", in cui viene dimostrato che lui e la borghesia sono solo due facce della stessa medaglia e che la sua presunta divisione in "due anime che vivono nella stessa mente" è solo una infantile sottovalutazione della natura umana che invece consiste di mille anime, tutte da scoprire e da rivalutare. Anche da Erminia (in tedesco è Hermine cioè la forma femminile di Hermann) Harry viene criticato, in modo più dolce ma per questo non meno radicale, per la sua incapacità di godersi i piccoli e grandi piaceri della vita, per la sua incapacità di ridere e di lasciarsi andare, in fondo per la sua incapacità di amare e di vivere.

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